| Serfs90 |
| | CITAZIONE (Karst @ 27/11/2007, 16:21) Non è la versione definitiva, ma non mi prende di impegnarmici 'sti giorni. L'ho scritta 1 settimana fa perchè ero fermo a casa e non sapevo che altro fare. Tengo molto al parere degli altri, quindi per chi se la senta... Windmill's Apologies o del perchè l'uomo soffra di claustrofobia.Viveva un uomo alle rive del mondo. Giorni e notti non esistevano; alle nuvole di vapore prendevano il posto nembi densi cangianti, che al tatto sembravano ali degli angeli. Il riverbero arancio, color delle albe e dei tramonti, era di un sole che non esisteva in quei cieli; una luce che esplorava ogni angolo, carezzandone le superfici, senza mai affondarvi un raggio che potesse frastornare quei luoghi: silenti, estemporanei. Così come loro, viveva. Siedeva ai piedi del mondo. Attorno a lui scorreva, placidamente, come un ricordo che affiora e perisce. Ogni cosa navigava in quell'aria, pungente e fredda, profumata da polveri di petali, di una pianta che non era di terrestre stirpe. Egli era lì. Il solo, nei cieli della fine. Il mento gli sfiorava il petto, i capelli costeggiavano il viso; le mani raccolte al grembo. Sembrava dormire. Ma le gambe, lentamente, dondolavano. In un cielo eterno, senza suoli alle sue radici, dondolavano. Sporgeva dal suo lembo di terra. Unico giaciglio, quel morso di manto erboso, dal quale non cadere. Cadere e dimenticare, ed essere dimenticato. Da lì nulla poteva accedere, o fare ritorno. Non prima della fine. Frangeva le nuvole, col suo esile corpo. Non sapeva dire se fosse lui ad andargli incontro, o loro a muoversi su di lui. Alle sue spalle, giravano lente, talvolta in un senso, talaltra l'opposto, le pale di un mulino, bianco, striato da vene orizzontali di rosso carminio. Si ergeva, diroccato ma dai colori perfetti, laddove quel triangolo di terra si allargava, per assumere la propria base: al vertice opposto, in una stretta convergenza, l'uomo sedeva.
Lo vidi dalla Torre. Trovai un giorno una finestra, rettangolare, opaca, e non seppi resistere. Passai le dita sulla superficie fredda, e la condensa si schiarì, permettendomi di vedere. Ne scorgevo appena il profilo, e fu mia fortuna capitare in quell'istante. Non seppi, nè probabilmente saprò mai quanto tempo passò; potrei dire secondi come anni. Non potrei dire neppure se fosse effettivamente passato del tempo. Dopodichè sparì, inghiottito da nuvole folte, spolverate di una luce tiepida, nè diurna nè notturna; come quella da cui il sole nasce, e in cui muore. Siedeva, ne ero sicuro; le sue gambe pendevano da qualche precipizio. Poi fu ancora quel tempo di indescrivibile durata. Fu, finchè non ebbi più speranza di vedere altro che quel cielo sterminato. Da un drappo di nuvole, fecero capolino quattro pale, quindi un mulino. La sua base sembrava una piramide rovesciata estratta dalle viscere del mondo; e, alle pendici opposte di quella terra, lo vidi ancora. Mi dava ancora il suo profilo, e non si accorgeva di me. Pensai dormisse. La luce non mutava mai. Sperai in un riflesso speculare, in uno di quei fasci luminosi che sorprendono e rischiarano ogni cosa; speravo ne centrasse il volto. Una chioma lunga quanto bastasse gli perimetrava i lineamenti, e mi era impossibile guardarlo negli occhi. Le mie mani scivolarono più e più volte sulla finestra. La fronte e le dita erano incollate da quando posi sguardo a quel panorama; il vetro era rigato da perle del mio sudore. Lo vedevo, immobile, immutevole; ma in me i sentimenti erano alla deriva. Provavo interesse; passione; angoscia; tormento; dolore; rabbia; pazzia. Le labbra erano incollate fra loro. Riuscii a strapparle. Le parole mi uscirono trasandate, ma limpide; quel luogo sereno mi aveva intriso l'anima.
-Chi sei. ... -Da dove vieni. ...? -Perchè sei lì. ...Tu credi che sia? -...Sì. Perchè mi parli? -Non lo so. Perchè mi cerchi. -Tu sei qualcosa. Quasi. -Da quanto aspetti? Tu mi aspettavi. -Sei solo su quell'isola. Da cosa mi parli? -La chiamiamo Torre. Come chiami quello che vedi qui? -...Non ha nome. Dunque "torre" è il tuo mondo. -Mondo? La tua isola. -Ma noi siamo in molti. Tu guardi nel vetro. -Non ho altro alle spalle. Dunque, sei solo in quel mondo. -...
Mi sconvolgeva. Ma ne volevo ancora.
-Hai uno scopo? Ogni cosa che vedi. -Io vedo niente. Dunque vedi. -Qui c'è il nulla. Sbagliato. -Esiste tanto altro. Parlamene. -Idee, forme, corpi, oggetti. Di questi, qui vedo tutto. -Stimoli. Perchè sei qui? -Esseri. Non troverai altro oltre a questo. -Se non ci fosse il vetro... Non ci sarebbe tutto il resto. -Il vetro è al centro? Il vetro è parte del centro. Il tutto è il centro. -Potrebbe mancare parte del centro. Puoi togliere qualcosa a un punto? -No. Il centro è un punto. -...Perchè sei qui? Qui è il centro. -Chi mai può essere al centro? Sei perspicace. -Dimmi il tuo nome. Sai che esiste. Sai dov'è. -Dimmi il mio nome. Adamo. -Ti porterò nella Torre. Prima di te l'ho vissuta. -Diverrò te? Tu sei me. -Loro sapranno di te. Vuoi dunque tornare al mondo? -Mi piace questo centro. Tuttavia, scegli i margini. -E' la mia natura. Identicamente imperfetto. -Ma tu vivi al centro. Di cosa? -Dell'essere. Tu non vivi me. -Dunque io non sono. Ti vorrò al mio fianco, al tuo ritorno. -Ma ancora non sarò te. Io sono. Tu oggi sei; domani tornerai. -Rendimi saggio. Prima impara la tua stoltezza. -Così morirò. Così tornerai. -Come posso raccontarti? Mi vorrai un nome migliore del mio. -Onnisciente. E' un buon inizio.
Staccai la fronte dal vetro. La piramide iniziò a sgretolarsi. Una dopo l'altra caddero le pale; il mulino piombò nella luce. Per ultimo, cadde lui, trascinando con sè il ricordo di quelle parole. Si strappò la terra che aveva avuto per trono, e le polveri una ad una furono presto tutt'uno con il cielo. Lo scorsi l'ultima volta, cadere nella feritoia di una nuvola candida, ma ineguale alla sua veste albina, splendida di volontà propria. Il nembo si avvolse più volte in se stesso, sinchè di lui non restò che un vago ricordo. Mi voltai, e iniziai a vivere. Mi è piaciuto molto, per quanto mi ricordi un pò l'atmosfera de "La Torre Nera" di Stephenk king, però sicuramente è scritto bene! Bravo.
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